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Mario Pagnanelli
Curatore Gestione e Manutenzione delle Attrezzature Medicali
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INTRODUZIONE: Viene presentato un caso di rigenerazione ossea guidata attorno a un impianto che aveva perso parte del suo supporto osseo a causa di una pregressa peri-implantite. Le spire esposte vengono decontaminate sfruttando le note proprietà della cavitazione ultrasonica per mezzo del dispositivo “Piezoclean by Dr. Giacomo Tarquini”, mentre la fase rigenerativa viene effettuata secondo il protocollo denominato “Poncho technique”. Questo approccio consente una ricostruzione prevedibile del tessuto osseo senza dover necessariamente rimuovere l'abutment e la protesi al fine di ottenere una guarigione sommersa. In casi selezionati, questa tecnica permette di mantenere estetica e funzione della riabilitazione protesica su impianti, riducendo al contempo sia l’invasività dell’intervento sia i tempi complessivi della riabilitazione, poiché elimina completamente la necessità di rimuovere e successivamente reinserire sia la corona protesica sia l’abutment. RAZIONALE BIOLOGICO: Il razionale biologico alla base del dispositivo «PIEZOCLEAN by Dr. Giacomo Tarquini» si fonda sugli effetti biologici - documentati da una imponente numero di pubblicazioni scientifiche negli ultimi decenni - della cavitazione ultrasonica sul biofilm batterico. A differenza di quanto accade con altri mezzi (chimici, meccanici o manuali) che hanno evidenziato negli anni un’efficacia relativamente modesta, le onde meccaniche causate dalla cavitazione del liquido irrigante sono in grado di raggiungere qualsiasi zona della superficie implantare (anche le nano e microporosità delle attuali superfici in titanio) nonché l’alloggiamento interno della vite di connessione: in questo modo la decontaminazione dell’impianto avviene in maniera completa (sia sulla superficie esterna che al suo interno) senza alterarne la composizione chimico-fisica originaria. La possibilità di ottenere una decontaminazione completa e predicibile è di estrema importanza nella terapia delle periimplantiti, poiché il fine ultimo della procedura rigenerativa peri-implantare è proprio quello di ottenere un nuovo processo di osseointegrazione («re-osseointegration») in tutto e per tutto identico a quello avvenuto al momento dell’inserimento implantare. È stato infatti dimostrato come la possibilità di ottenere una nuova osseointegrazione sia estemamente limitata su superfici tornite e/o che siano state alterate fisicamente o chimicamente mentre avviene in maniera molto piu’ consistente intorno a superfici in titanio microruvide purchè opportunamente decontaminate. Per massimizzare gli effetti della terapia rigenerativa sarà quindi essenziale riuscire ad ottenere una decontaminazione implantare completa e predicibile mantenendo al contempo inalterate tutte le proprietà di superficie. PROTOCOLLO CHIRURGICO: Il protocollo chirurgico di decontaminazione implantare mediante dispositivo “PIEZOCLEAN by Dr. Giacomo Tarquini” è indicato essenzialmente per il trattamento di difetti intraossei che necessitano una terapia di tipo rigenerativo in accordo con i principi della G.B.R. (“Guided Bone Regeneration”). Il dispositivo “PIEZOCLEAN by Dr. Giacomo Tarquini” consente di eseguire una completa decontaminazione dell’impianto senza alterarne la macro e microgeometria di superficie. - Sondaggio e valutazione radiografica peri-implantare - Sollevamento un lembo a spessore totale adeguato per forma e dimensioni - Rimozione del tessuto di granulazione (ove presente) intorno all’impianto e all’interno del difetto intraosseo mediante inserti ES012CT e ES030ACT - Rimuovere la vite di copertura (ove presente) allo scopo di decontaminare anche la superficie interna dell’impianto e sostituirla con una sterile al termine di questa fase operatoria - Il dispositivo “PIEZOCLEAN by Dr. Giacomo Tarquini” è composto da una parte metallica (inserto) e da una parte in silicone medicale (camera di cavitazione) - L’inserto metallico è dotato di appositi micro-fori (un assiale e due laterali) per un’omogenea diffusione del liquido irrigante all’interno della camera di cavitazione - Assemblare il dispositivo inserendo la parte in silicone (camera di cavitazione) sull’inserto metallico - Adattare la camera di cavitazione intorno alla porzione esposta dell’impianto da trattare in modo da creare uno spazio chiuso all’interno del quale il liquido irrigante possa andare in cavitazione; è raccomandabile evitare il contatto tra l’inserto metallico e la testa dell’impianto - Azionare il dispositivo a ultrasuoni (Esacrom Moto o Surgysonic) per un tempo di 3’ impostando i seguenti parametri: U 40 - V 80 - P 50. Non è necessario che la camera di cavitazione abbia un sigillo completo sulla cresta ossea - Eseguire il protocollo rigenerativo di scelta (ad es. mediante membrane di tipo riassorbibile o non riassorbibile) - Sutura dei lembi in accordo con la tecnica selezionata - Rientro chirurgico e follow-up radiografico per valutare il grado di rigenerazione ossea ottenuta Da questo link è possibile scaricare il protocollo chrurgico: TARQUINI PIEZOCLEAN EN.pdf CASO CLINICO: CONCLUSIONE: La decontaminazione della superficie implantare con il dispositivo “Piezoclean by Dr. Giacomo Tarquini”, combinata con il protocollo noto come “Poncho technique”, consente una ricostruzione prevedibile del tessuto osseo attorno a un impianto affetto da perimplantite. Questo approccio comporta una significativa semplificazione delle fasi chirurgiche e una bassa morbidità operatoria, riducendo al contempo in modo sostanziale i tempi complessivi della riabilitazione. PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI: CLICK HERE1 punto
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Introduzione: La Socket Shield Technique (SST) è una procedura chirurgica ideata per minimizzare il riassorbimento della teca ossea buccale negli impianti post-estrattivi immediati, soprattutto in zona estetica; il protocollo chirurgico prevede che una parte della radice del dente estratto, in particolare il versante vestibolare, sia intenzionalmente lasciata in sede per agire come una sorta di “scudo” a protezione dei tessuti ossei e molli circostanti. Questa tecnica ha l’obiettivo di ridurre al minimo il riassorbimento osseo e la recessione dei tessuti molli che possono verificarsi dopo un’estrazione dentale. Secondo la letteratura, la SST si è dimostrata efficace nel preservare l’architettura dei tessuti duri e molli nella regione anteriore del mascellare superiore (Davarpanah, COIR 2009; Hürzeler, J Clin Periodontol 2010; Bhagol, J Oral Med Oral Surg 2022). Tuttavia, possono occasionalmente manifestarsi alcuni insuccessi, come dimostrato nel presente caso clinico. DISCLAIMER: L’unico scopo di questo post è documentare un caso clinico di fallimento della SST, senza in alcun modo voler screditare la tecnica in sé o i suoi sostenitori. Conclusione: Il fallimento della SST ha causato un’infezione localizzata con conseguente riassorbimento osseo peri-implantare nella zona estetica. La rimozione del frammento radicolare infetto, la decontaminazione della superficie implantare mediante il dispositivo a cavitazione ultrasonica “PIEZOCLEAN by Dr. Giacomo Tarquini” e la successiva rigenerazione ossea mediante tecnica GBR hanno permesso di riparare il difetto osseo peri-implantare. Questo approccio ha evitato la necessità di rimuovere l’impianto infetto e tutte le potenziali conseguenze associate a tale procedura, incluse eventuali implicazioni medico-legali. PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI: CLICK HERE1 punto
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Follow-up radiografico a 72 mesi: un saluto Giacomo Tarquini1 punto
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Un aggiornamento: un saluto Giacomo Tarquini1 punto
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Per fornire una risposta più accurata alle frequenti domande che ricevo riguardo al confronto tra la Socket Shield Technique (SST) e il posizionamento implantare immediato convenzionale con innesto osseo contestuale (CIIP), ho preparato un paio di tabelle riassuntive. Queste tabelle sintetizzano i principali risultati di alcuni tra gli studi più rilevanti sull’argomento, insieme a un albero decisionale clinico. Spero possano rappresentare uno strumento utile per orientarsi nella letteratura e guidare la pratica clinica quotidiana.1 punto
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Un recente articolo sul caso clinico in oggetto: Tarquini G. Rigenerazione tissutale guidata su difetti intraossei profondi con anatomia complessa. Perio Tribune Italian Edition; 1/2025: 10-151 punto
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Introduzione: Come è noto, una diagnosi di parodontite richiede un minimo di "almeno due denti non contigui interessati da perdita di attacco interprossimale". Come affermato da Kornman nel 2019, questo requisito è stato incorporato nella nuova classificazione delle malattie parodontali e peri-implantari per ridurre al minimo i falsi positivi, ovvero per impedire false diagnosi di parodontite quando si è in presenza di lesioni parodontali isolate. La presenza di lesioni isolate - anche di grave entità - non diagnosticabili come parodontite è invece definita come "incidental attachment loss" o perdita di attacco incidentale. Questa definizione è stata introdotta anche in riconoscimento del fatto che la parodontite propriamente detta raramente colpisce solo un singolo dente: questo significa che - come detto prima - un paziente che presenta una perdita di attacco un singolo elemento dentario non dovrebbe essere diagnosticato come affetto da parodontite. Il punto è che, sebbene una lesione dovuta a perdita di attacco incidentale (che interessa quindi un singolo elemento dentario in una dentatura altrimenti intatta) possa essere attribuita a una causa diversa dalla parodontite (ad esempio, frattura della radice, denti del giudizio inclusi, lesione endodontica, ecc.) essa rappresenta in ogni caso un cosiddetto "locus minoris resistentiae", ovvero un fattore di rischio sito-specifico per un'ulteriore progressione della perdita di attacco in quel sito. Alla luce di ciò, il clinico dovrebbe in ogni caso stadiare la singola lesione in modo appropriato, descriverla ulteriormente come "localizzata" e trattarla secondo uno specifico protocollo chirurgico/non chirurgico: per quanto riguarda la terapia (che potrà essere di Fase 2 o Fase 3 a seconda della gravità della lesione stessa) ovviamente dipende dalle condizioni locali alla baseline. Di seguito, un caso clinico di incidental attachment loss a carico della radice distale dell'elemento 3.7 causata dalla presenza dell'elemento 3.8 ritenuto, poi successivamente estratto. La lesione sull'aspetto distale dell'elemento 3.7 è stata trattata secondo un approccio di tipo rigenerativo (GTR) mediante innesto osseo di origine eterologa e allocazione di una membrana di tipo riassorbibile. Conclusione: Alcuni pazienti presentano lesioni parodontali che non soddisfano i criteri diagnostici per la malattia parodontale: queste lesioni isolate sono definite come "incidental attachment loss" (o perdita di attacco incidentale) e sono generalmente associate a fratture dentali, malposizioni, danni causati sulla radice distale dei secondi molari dovuti alla presenza di terzi molari ritenuti, carie cervicali, lesioni endodontiche, ecc. I siti con una diagnosi clinica positiva per queste lesioni sono pertanto considerati siti a rischio per ulteriore perdita di attacco e devono essere trattati come qualsiasi sito parodontale. Per ulteriori approfondimenti: CLICK HERE1 punto
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Interessante riferimento bibliografico riguardante l'eziologia multifattoriale dell'assenza di papilla interdentale (Sharma & Park, 2010). From: Sharma AA, Park JH. Esthetic considerations in interdental papilla: remediation and regeneration. J Esthet Restor Dent. 2010;(22):18-30.1 punto
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Un partecipato post sul forum fiscale di Odontoline.it di cui sono moderatore, mi ha fatto nuovamente toccare con mano la persistenza di incertezze sulla corretta gestione della “marca da bollo” da 1,81 euro da apporre sulle ricevute professionali di importo superiore a 77,47 euro, ai fini dell’assolvimento dell’”imposta di bollo” sui documenti secondo il dettato del DPR nr. 642 del 26/10/1972. Da tempo mi ripromettevo di offrire un approfondimento sull’argomento, e questa mi è sembrata l’occasione adatta. Chi è obbligato ad apporre la marca sulla ricevuta? Chi forma il documento, cioè il professionista. La marca da bollo sulla ricevuta è obbligatoria? Si. Sulle ricevute per prestazioni sanitarie che superano l’importo di 77,47 euro deve essere apposta la marca da 1,81 euro. Ricevute senza marca si dicono “irregolari”. La data della marca deve essere uguale a quella della ricevuta? No, può essere anche anteriore. Marche con data posteriore a quella della ricevuta la rendono “irregolare”. La marca va apposta anche sulla "copia conforme" di una ricevuta? Si. Come fare ad apporre la marca con data uguale o anteriore sulla "copia conforme" di una ricevuta? Su ogni "copia conforme", per Legge, occorre apporre una dichiarazione o timbro che attesti che quella è una copia e la data di rilascio della copia stessa, che diventa quindi la data di formazione del documento. Se la ricevuta è “irregolare” (marca omessa o con data posteriore), la ricevuta è valida? Si, rimane valida a tutti gli effetti civili e fiscali per il professionista e per il cliente, perché l’imposta di bollo incide sul documento in quanto tale e non sul suo contenuto: è il “documento” che è “irregolare”, non la ricevuta. Quando si deve apporre la marca sulla ricevuta? Al momento esatto della formazione del documento, l’imposta di bollo infatti è “dovuta fin dall’origine dei documenti”. Quindi appena stampata. La marca va apposta su una copia della ricevuta o su tutte? La marca va apposta solo sulla copia consegnata al cliente, che prende il nome di “originale”. Sulla copia trattenuta dal professionista conviene apporre un timbro con testo simile al seguente: “Bollo apposto sull’originale”. La marca da bollo va incollata sulla ricevuta e poi “annullata”? Va solo incollata, è autoadesiva. Non serve “annullarla”, cioè stampigliarla o sovrascriverla con una sigla per evitare venga riutilizzata, come si doveva fare prima dell’avvento dei c.d. “contrassegni telematici” (le attuali marche). Chi deve pagare la marca da bollo? La Legge non indica un “soggetto passivo” dell’imposta di bollo, e obbliga al suo pagamento sia chi partecipa alla formazione del documento o ne ha interesse (il professionista) sia chi lo accetta o ne fa uso (il cliente). E’ comunque legittimo, ma facoltativo, addebitare e richiedere al cliente il rimborso del costo della marca da bollo scrivendone l’importo nella stessa ricevuta in aggiunta a quello delle prestazioni rese. Il professionista può delegare al cliente l'apposizione della marca sulla ricevuta? No. In nessun caso e con alcuna particolare dicitura si pensasse di indicare sulla ricevuta. Qualsiasi patto fra le parti, professionista e cliente, rivolto a modificare le prescrizioni della Legge sull’imposta di bollo è nullo. Se non si mette la marca (omissione), c’è una sanzione? Si, una sanzione amministrativa da una a cinque volte l’importo della marca per ogni ricevuta “irregolare”, oltre all’importo della marca che sarà comunque dovuto. Se la marca ha data posteriore a quella della ricevuta, c’è sanzione? Si, la stessa sanzione amministrativa prevista per l’omissione. Si può regolarizzare una ricevuta senza marca? Si, recandosi con l’originale della ricevuta presso l’Agenzia delle Entrate. Se si fa entro 15 giorni dalla data della ricevuta, la sanzione sarà richiesta in ogni caso al professionista. Se si fa dopo, la sanzione sarà richiesta a chi ha presentato il documento e, se questi si rifiutasse, l’Agenzia delle Entrate la chiederà all’altro obbligato, in quanto responsabile “in solido”. Si può regolarizzare una ricevuta con marca recante data posteriore? Si, come per l’omessa apposizione. Chi deve pagare la sanzione? Se l’irregolarità, omissione o marca con data posteriore, viene sanata entro quindici giorni dalla data della ricevuta, la sanzione la deve pagare il professionista; oltre i quindici giorni, professionista e cliente sono solidalmente obbligati al pagamento. La Legge consente all’Erario l’avvio della riscossione coattiva in caso di mancato pagamento dell’imposta e/o delle sanzioni amministrative. C’è una scadenza per l’applicazione della sanzione? Si. Passati tre anni dalla data della ricevuta la sanzione non è più esigibile, ma la marca si. La spesa per le marche è deducibile dal reddito professionale? Si, in quanto l’imposta di bollo è un onere deducibile ai sensi del 1° comma dell’articolo 99 (ex 64) del Testo Unico delle imposte sui redditi. Il professionista può portare in deduzione dal reddito professionale il costo delle marche apposte sulle ricevute, purché dimostri di averne sostenuto lui il costo, cosa che risulterà dalla combinazione di due fatti: a) avere delle ricevute rilasciate dai rivenditori autorizzati a certificazione del loro possesso; b) emettere ricevute indicandovi solo il costo delle prestazioni rese al cliente e non quello della marca. Se l’importo della marca viene scritto sulla ricevuta, il costo non sarà più deducibile in quanto risulterà messo a carico del cliente. Sarà opportuno apporre in calce alla copia della ricevuta trattenuta dal professionista la scritta “Bollo sull’originale” o similari. Il cliente può detrarre la spesa per la marca dalla sua IRPEF? Si, purché il costo della marca sia stato aggiunto a quello delle prestazioni nella ricevuta e anche nel caso in cui non l’avesse pagato. Qualora ci fossero altre domande da soddisfare o richieste di approfondimento su quanto qui pubblicato, sarò lieto di offrire il mio contributo.1 punto
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La triplice vascolarizzazione e' un aspetto anatomico molto importante e si riflette clinicamente sulla % di successo di questo intervento. Colgo l' occasione per evidenziare i rapporti che il BFP (Buccal Fat Pad) contrae con il dotto parotideo. La dissezione dovra' quindi essere estremamente cauta; per via tagliente limitatamente all' incisione del periostio e da li' in poi proseguira' rigorosamente per via smussa. L' incisione del periostio dovra' essere da principio limitata (Stajcic raccomanda un' incisione di 5 mm.) per poi estendersi progressivamente ovemai ce ne fosse bisogno. Questo allo scopo di evitare l' erniazione del BFP in cavita' orale. un saluto Giacomo Tarquini1 punto
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Concordo in pieno. Questi sono gli interventi che mi piacciono. Altro che limo quattro denti e ci metto le capsule...1 punto
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