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Fernando Ricci

Risposte migliori

Fernando Ricci
STAFF

La tecnica della carota è un validissimo aiuto nell’antroplastica parcellare. Stiamo ovviamente parlando di una carota ossea e non dell’analogo vegetale tanto caro a Bugs Bunny :laughingsmiley: .

 

La tecnica è piuttosto semplice. Una volta scelto il sito per l’inserimento dell’impianto si esegue una gengivectomia con un bisturi circolare (cosiddetto “punch”) dopodiché si userà una fresa a trefina per ricavare una carota ossea che andrà quindi spinta all’interno del seno mascellare completamente (Summers) o solo in parte (Fugazzotto). Per far ciò tornerà utile l’utilizzo di un osteotomo a base piatta o concava, meglio se con uno stop di profondità regolabile.

 

Nel caso riportato si è proceduto all’estrazione di un primo molare fratturato in senso mesio-distale per poi eseguire l’intervento a distanza di circa 4 mesi. Fatto ciò si è seguita la maturazione ossea con controlli radiografici fino alla comparsa di un’evidente trama ossea intorno all’apice implantare, quindi si è proceduto al rilievo dell’impronta e alla consegna della protesi. Per evitare la migrazione nella breccia edentula si è utilizzato un mantenitore di spazio (ponte Roach).

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tersandro savino

Grazie Fernando. Bellissima tecnica che non conoscevo.Volevo chiedere se la carotatrice si usa per tutta la lunghezza fino alla corticale ossea o ci si ferma un poco prima e poi il fatto di spingere la carota ossea nel seno non potrebbe essere causa di lacerazione ed eventualmente come evitare la lacerazione.Grazie ancora molte per il bellissimo caso cinico.

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Giovanni Lacaita

indicazioni e limiti?

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Fernando Ricci
STAFF

Grazie Fernando. Bellissima tecnica che non conoscevo.Volevo chiedere se la carotatrice si usa per tutta la lunghezza fino alla corticale ossea o ci si ferma un poco prima e poi il fatto di spingere la carota ossea nel seno non potrebbe essere causa di lacerazione ed eventualmente come evitare la lacerazione.Grazie ancora molte per il bellissimo caso cinico.

 

Ciao Tersandro,

sì la fresa carotatrice deve incidere la corticale ossea anche se solo in parte. Del resto tutte le tecniche per il rialzo del seno mascellare prevedono un’osteotomia della corticale che costituisce il pavimento del seno. Questa può essere eseguita con strumenti rotanti, con strumenti a percussione (osteotomi) o, come saggiamente suggerisce Giacomo, con strumenti vibranti (sonici o ultrasonici).

 

L’uso della fresa carotatrice (trefina) deve essere intermittente, un po’ come se si usasse un pennello. Infatti è molto più difficile dosare una pressione continua con la quale si finisce il più delle volte per entrare nel seno mascellare lacerando la membrana di Schneider. La fresa carotatrice ha il solo scopo di disegnare una finestra osteotomica che verrà successivamente sollevata dall’uso cauto di un osteotomo, possibilmente munito di stop regolabile. Insisto sulla cautela nell’uso dell’osteotomo perché anni fa ho avuto la disavventura di provocare una sindrome vertiginosa da distacco degli otoliti, la cosiddetta Vertigine Posizionale Parossistica Benigna (BPPV o Benign Paroxismal Positional Vertigo per gli anglofili :laughingsmiley:) che, per quanto transitoria, può rendere il paziente temporaneamente inabile (nonché preoccupato e risentito nei nostri confronti).

 

Per quel che riguarda invece lo spostamento della carota ossea all’interno del seno mascellare anche questa manovra deve avvenire con una certa cautela, possibilmente introducendo nel canale osseo una spugna di collagene che ammortizzi i colpi e possa espandersi all’interno del seno tamponando eventuali micro lacerazioni e sostenendo la carota ossea come fosse il picchetto di una tenda. E’ chiaro che la lunghezza della carota ossea incide sul suo grado di spostabilità.

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